Birra non filtrata: significato e differenze con la birra filtrata

Negli ultimi anni si incontra spesso l’espressione non filtrata in associazione alla birra. 

Il concetto, proprio del settore della birra artigianale, ha recentemente travalicato i confini degli appassionati per approdare nel mondo delle birre industriali, rivelandosi un ottimo strumento di marketing.

Il successo dei prodotti commerciali “non filtrati” impone però di conoscere meglio il significato di queste due parole e le loro ripercussioni in termini produttivi e di gusto della birra. 

Non sempre, infatti, è chiaro cosa implichi produrre una birra non filtrata e cosa la distingua da una filtrata. Lo stesso concetto di filtrazione, infatti, può riferirsi a diversi momenti del processo produttivo, con importanti ripercussioni in termini organolettici e concettuali. 

 

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Cosa significa “birra non filtrata”? 

In generale la filtrazione è un’operazione che serve per separare sostanze solide da un liquido: ad esempio in laboratorio può essere utilizzata per eliminare le impurità dalle soluzioni. 

Nel processo brassicolo si applica con lo stesso obiettivo, poiché lo scopo è ottenere un liquido “puro” da una miscela di acqua e altri ingredienti solidi: cereali, luppolo, lieviti ed eventuali altri ingredienti. 

Una prima filtrazione avviene dopo l’ammostamento, la fase cioè che prevede l’immersione dei cereali maltati in acqua calda. Alla fine di questa fase, le trebbie – cioè i cereali esausti – vengono separate dalla parte liquida del mosto. 

Un’altra filtrazione avviene dopo la bollitura, momento in cui viene aggiunto il luppolo; anche in questo caso si punta a separare le parti solide della pianta dal liquido che poi diventerà birra. 

Quando si parla di birra “non filtrata” si intende però la filtrazione che avviene più avanti, dopo la fermentazione e subito prima del confezionamento. 

Lo scopo è rimuovere i residui di lievito e, nelle sue forme più invasive, stabilizzare il prodotto finale così da allungarne la shelf life, ossia la sua durata sugli scaffali dei negozi. 

Questo tipo di filtrazione, solitamente denominata microfiltrazione perché eseguita con membrane con pori piccolissimi (spesso sotto il micron), è tipica dei processi industriali. Il suo obiettivo non è tanto separare la parte liquida da quella solida, quanto stabilizzare il prodotto eliminando tutte le cellule di lievito e altre particelle, come proteine, polifenoli, eventuali batteri e altri minuscoli elementi in sospensione. 

La microfiltrazione è una pratica particolarmente invasiva, che per stabilizzare la birra finisce per sterilizzarla, eliminando anche alcune sostanze aromatiche. Non a caso questo processo è anche detto filtrazione sterile. 

 

Origine del termine “non filtrata”

L’espressione “birra non filtrata” è utilizzata dalla birra artigianale sin dalle sue origini, per sottolineare che è un prodotto poco processato e vitale. 

Negli ultimi anni le multinazionali del settore hanno adottato questo concetto in maniera astuta, piegandolo al servizio delle loro strategie di marketing. Le birre industriali “non filtrate” saltano effettivamente la fase di microfiltrazione, ma spesso sono comunque pastorizzate e dunque sterili. 

L’unico effetto della mancata filtrazione è a livello visivo (una velatura più o meno evidente), perché, a differenza della birra artigianale, la vitalità del prodotto è comunque compromessa dal trattamento di stabilizzazione termica (pastorizzazione). 

 

Differenze tra birra filtrata e non filtrata 

La Profilo aromatico e gusto  sostanziale tra birra filtrata e non filtrata, dunque, è nella fase susseguente alla fermentazione e prima del confezionamento. 

In questo passaggio le birre filtrate sono sottoposte a un processo molto aggressivo di separazione tra liquido e microscopiche sostanze solide (microfiltrazione), che le rendono sterili garantendo stabilità e conservazione nel tempo. 

Le birre non filtrate saltano completamente questo passaggio e, in termini generali, appaiono dunque più o meno velate e opalescenti. 

Processo produttivo

La microfiltrazione avviene a livello industriale attraverso membrane filtranti con pori estremamente piccoli, in genere sotto il micron. 

I filtri sono costituiti da membrane realizzate in materiali polimerici o ceramici, così da rendere il processo particolarmente efficiente. 

Come spiegato, questo procedimento chiarifica la birra e la stabilizza a livello biologico, ma rimuove anche particelle aromatiche e ne compromette la vitalità. 

Aspetto visivo

La differenza più visibile tra birre filtrate e non filtrate è il loro aspetto. 

Le birre industriali filtrate appaiono estremamente limpide, praticamente cristalline, poiché è stata rimossa a livello meccanico qualsiasi microparticella. 

Per questo motivo generalmente le birre non filtrate sono più velate, sebbene esistano altre soluzioni per garantirne la limpidezza. 

Profilo aromatico e gusto

Una birra non filtrata è in genere più complessa, intensa e “piena” di una birra filtrata, perché non sterilizzata e ancora vitale. 

Questo tuttavia è vero quasi esclusivamente per le birre artigianali, perché quelle industriali, ancorché non filtrate, sono comunque sterilizzate attraverso pastorizzazione. 

Una birra non filtrata ma pastorizzata si traduce dunque in poco più di uno strumento di marketing, perché veicola la superiorità dell’assenza della filtrazione pur negandone i vantaggi in termini aromatici e di vitalità del prodotto. 

Per la legge italiana, invece, una birra artigianale non deve essere né pastorizzata né microfiltrata: una regola che garantisce di trovarsi di fronte a un prodotto vitale e non sterile. 

 

La birra artigianale Baladin è naturalmente non filtrata e non pastorizzata

La birra Baladin è 100% artigianale. 

Significa che non solo è prodotta da un birrificio indipendente in quantità limitate, ma anche senza ricorrere a pastorizzazione e microfiltrazione. 

È dunque una birra naturalmente non filtrata e non pastorizzata, che mantiene tutte le sue proprietà organolettiche e un gusto pieno e autentico. È un prodotto vivo e in continua evoluzione, che viene dalla terra e non subisce processi industriali invasivi. 

 

Conclusione

Sebbene nasca nel mondo della birra artigianale, negli ultimi anni l’espressione “non filtrata” è stata sfruttata dalle multinazionali del settore principalmente per scopi di marketing. 

Di per sé il concetto di “non filtrata” non garantisce che il prodotto sia naturale e vivo: come spiegato, spesso l’industria ricorre comunque alla pastorizzazione, che è una sterilizzazione del prodotto finale tramite trattamento termico. 

Una birra artigianale è, per definizione, sempre non microfiltrata, intendendo quindi non l’assenza di processi di separazione tra liquido e sostanze solide (sempre presenti in diversi momenti), bensì la scelta consapevole di evitare meccanismi invasivi di stabilizzazione della birra, che ne comprometterebbero la vitalità e la resa aromatica. 

 

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