Baladin Metodo Classico: la lunga rifermentazione di una birra artigianale

Sin dagli esordi, il birrificio Baladin si è caratterizzato per la capacità di giocare fuori dagli schemi. Questa filosofia si è concretizzata secondo due direttrici: la prima ha coinvolto la necessità di slegarsi da etichette e postulati diffusi nel mondo brassicolo; la seconda ha invece previsto l’estremizzazione di alcuni concetti, al fine di realizzare prodotti unici percorrendo vie originali e talvolta dissacranti. 

La birra Metodo Classico nasce proprio da questa concezione, spingendo cioè all’estremo la tecnica della rifermentazione in bottiglia e adottando, al pari delle altre Bière de Champagne, i passaggi tipici della produzione del classico vino spumante francese. Nonostante si sia inserita in un filone già esistente, per quanto minuscolo, la birra di Baladin ha reinterpretato questa idea in maniera molto personale.

 

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Le origini di Baladin Metodo Classico

Dopo anni di esperimenti, partiti già nel 2008, Teo Musso cominciò a lavorare in maniera definitiva sulla sua Metodo Classico nel 2014, quando il mercato delle cosiddette Bière Brut era rappresentato solo da poche incarnazioni del Belgio. Quest’ultime apparivano prodotti interessanti, ma Teo trovava che non spiccassero per una particolare espressione aromatica, soprattutto a livello olfattivo. 

Così per la sua creazione si orientò su una base molto simile alla Lurisia 10, una birra forte e strutturata, che all’epoca aveva regolarmente in produzione. La Lurisia 10 si caratterizzava per l’impiego di angelica, una pianta officinale della famiglia delle Ombrellifere, alla quale appartengono anche il finocchio, il sedano e il prezzemolo. Teo immaginò di unire il contributo aromatico dell’angelica a note legnose e ossidative, da sviluppare prima della rifermentazione, e per questa ragione acquistò da una cantina locale due botti di rovere francese usate in precedenza solo una volta: le fece ritostare e poi le usò per un affinamento a fine fermentazione primaria, lasciando uno spazio di contatto con l’aria proprio per favorire la manifestazione di sentori legati all’ossidazione.

Per la rifermentazione evitò di orientarsi su un lievito da vino, preferendo rimanere legato al suo percorso brassicolo. Così fece ricorso al classico ceppo sviluppato negli anni da Baladin – quello utilizzato ancora oggi per la Nazionale e molte altre creazioni della casa – nonostante una simile scelta avrebbe comportato non pochi problemi tecnici. Quel lievito, infatti, offre straordinari vantaggi a livello aromatico, ma tende a sedimentare con difficoltà, rivelandosi perciò particolarmente ostico nella fase del remuage, quella cioè deputata alla raccolta dei sedimenti nel collo della bottiglia prima della loro successiva espulsione. 

Tutto il processo relativo al metodo classico fu eseguito nella cantina di Fontanafredda, in collaborazione con gli enologi che avevano sviluppato il vino spumantizzato “Alta Langa”. Il risultato del lungo iter portò alla nascita di una sorta di Pas Dosé da 10% di gradazione alcolica, senza ricorso a liqueur d’expedition. Il rabbocco della Metodo Classico di Baladin è infatti eseguito esclusivamente con l’aggiunta della stessa birra, per due ragioni, una pratica e una filosofica. Innanzitutto l’aggiunta del liqueur d’expedition sarebbe superflua, perché non ci sono asperità da mitigare: la birra di partenza è secca, ma ha anche una presenza discreta di maltodestrine che conferiscono dolcezza e una certa morbidezza. Da un punto di vista ideologico, invece, l’idea di Teo era di evitare “contaminazioni” con elementi esterni, mantenendo una coerenza durante l’intero processo produttivo.

 

Tutte le annate di Metodo Classico

Le prime 11.520 bottiglie di Metodo Classico furono presentate nel novembre del 2015, dopo aver riposato sui lieviti per 18 mesi. L’evento di lancio si tenne nella splendida cornice delle Grotte di Bossea nel comune di Frabosa Soprana, in provincia di Cuneo. Da allora furono realizzate diverse annate in successione, dalla 2014 (quella di debutto) alla 2017. Dell’annata 2017 sono state prodotte 16.000 bottiglie, metà delle quali destinate a sperimentare periodi più lunghi di riposo sui lieviti. Una versione 36 mesi sarà presentata nel corso del 2021 e consta di 4.000 bottiglie, altrettante invece attenderanno ancora e saranno immesse sul mercato solo nel 2023 (48 mesi). 

 

Le caratteristiche distintive della Bière de Champagne di Baladin

Da un punto di vista organolettico, la Metodo Classico si contraddistingue per intensi richiami mielati, derivanti dall’imponente struttura maltata, e da decise sfumature floreali provenienti dall’angelica, che si fondono con le pennellate legnose e ossidate del passaggio in botte. Insieme queste percezioni regalano un naso quasi da tabacco, che Teo Musso associa sempre a un odore legato al nonno, amante del tabacco da pipa che era solito rilavorare con miele. Più precisamente, quel profumo ha nella mente di Teo un punto spaziale preciso: il taschino della giacca del nonno, che da bambino aveva proprio ad altezza naso. Rispetto alle altre Metodo Classico, nella 36 mesi è invece riscontrabile una leggera nota aggiuntiva di anice, che presumibilmente dipende dalle interazioni nel lunghissimo periodo tra l’angelica e il metabolismo del lievito. 

Ovviamente la bollicina è una delle caratteristiche identificative della Bière de Champagne di Baladin. Con una sboccatura corretta, la Metodo Classico mantiene 9 grammi di CO2 disciolta: un livello altissimo, ben oltre le birre estremamente carbonate del Belgio (che raggiungono al massimo i 6,5-7 grammi). Teo suggerisce di servirla cercando di fare meno schiuma possibile, così da mantenere la vivacissima carbonazione che bilancia la dolcezza della birra e la complessità del profilo aromatico. La bevuta inoltre è impreziosita da una chiusura minerale molto interessante, che rende agile il sorso con un taglio finale netto e definito.

La Metodo Classico è un prodotto unico nel suo genere e facilmente riconoscibile anche negli anni. Prende in prestito una tecnica del mondo vinicolo per estremizzare la rifermentazione, ma non è concepita come anello di congiunzione tra i due mondi. È birra in tutto e per tutto e il suo nome suona come un’ironica provocazione: un elemento che non può mancare in una realtà da sempre proiettata a riscrivere le regole stesse della nostra bevanda.

 

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