Cosa vuol dire birra IPA? Scopriamo il suo significato

Tra i tanti effetti della rivoluzione della birra artigianale c’è la diffusione di una sigla diventata di pubblico dominio: IPA. Dietro questo breve nome si nasconde uno degli stili più influenti degli ultimi decenni, la cui nascita, quasi leggendaria, appartiene alla tradizionale cultura brassicola britannica, ma la cui riscoperta in tempi recenti è merito dei birrifici craft americani.

Ma cosa significa esattamente IPA? E perché le birre rientranti in questa categoria sono considerate così importanti?

 

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Birra IPA: qual è il suo significato?

IPA è innanzitutto un acronimo e va correttamente pronunciato all’inglese, ai-pi-ei. Le tre lettere stanno per India Pale Ale, che è il nome esteso dello stile. Ogni parola ha bisogno di una spiegazione e conviene cominciare dalla fine:

  • Ale è un sinonimo di birra ad alta fermentazione, una famiglia su cui i birrifici tradizionali britannici sono specializzati da sempre. Infatti, Regno Unito il termine Ale indica anche le classiche birre del passato, realizzate ancora oggi da tanti piccoli produttori indipendenti.

  • Pale invece può essere tradotto letteralmente con “pallido”: le Pale Ale cominciarono a comparire nel XVIII secolo grazie alle innovazioni introdotte nella maltazione dei cereali e furono battezzate così perché, con il loro colore tendenzialmente ambrato, si distinguevano dalle birre scure che dominavano all’epoca il mercato. Le Pale Ale acquistarono sempre maggiore importanza, soppiantando le Porter e diventando le birre quotidiane nella seconda metà del XIX secolo.

 

India Pale Ale: un po’ di storia

Per spiegare, infine, il significato di India dobbiamo considerare le dinamiche commerciali che si innescarono durante il periodo dell’imperialismo britannico e la domanda di beni di consumo proveniente dalle colonie. Una delle rotte più importanti era verso le Indie, dove la birra rappresentava uno dei prodotti più richiesti alla madre patria. Negli anni ’80 del XVIII secolo il birraio londinese Hodgson aveva costruito un solido business sfruttando questa situazione, perché aveva scoperto come alcune sue Pale Ale già in commercio, più luppolate e alcoliche del normale, si adattavano particolarmente bene ai lunghi viaggi via mare, raggiungendo le colonie indiane dopo circa sei mesi ancora in condizioni dignitose. Infatti, il luppolo è un potente conservante naturale e l’alta gradazione alcolica preserva nel tempo la birra.

Qualche anno più tardi il figlio di Hodgson entrò in conflitto con la Compagnia delle Indie Orientali, lasciando così la possibilità ad altri birrifici di inserirsi nell’affare. L’occasione fu raccolta dai produttori di Burton-on-Trent, una piccola cittadina dell’attuale Straffordshire celebrata all’epoca per la superlativa qualità delle sue birre. I birrifici locali fiutarono l’affare, ma furono costretti a modificare le proprie consuetudini produttive: erano infatti famosi per le birre scure e dolci che venivano esportate verso il Mar Baltico, mentre le Indie ora chiedevano le birre “pallide” e amare di Hodgson. Così adattarono le proprie ricette alle Pale Ale di Londra, ottenendo risultati persino migliori grazie alla maggiore attenuazione e alle peculiarità dell’acqua di Burton. Quelle particolari versioni di Pale Ale furono chiamate India Pale Ale (IPA).

La storia delle India Pale Ale sarebbe rimasta confinata a quella di un curioso sottostile di nicchia se, molti decenni dopo, non fosse esplosa la rivoluzione artigianale dei birrifici craft americani. La cultura brassicola statunitense si è sviluppata in gran parte sul recupero e la reinterpretazione dei classici stili europei. Tuttavia le India Pale Ale hanno da subito occupato un ruolo primario, diventando ben presto la tipologia simbolo del frizzante movimento locale ed elevando il luppolo all’ingrediente principe di questo fenomeno.

 

L’IPA ai giorni nostri

La prima birra americana a usare la dicitura IPA fu, nel 1982, quella prodotta dal birrificio Yakima Brewing su ricetta di Bert Grant, un grande appassionato di luppoli nato originariamente in Scozia. In realtà, produzioni di questo genere avevano cominciato ad apparire già qualche anno prima, sfruttando – come la IPA di Grant – il nuovo luppolo americano Cascade, contraddistinto da intense note agrumate e resinose. Nonostante sia cambiata nel tempo, oggi la capostipite delle American IPA è considerata la Liberty Ale del birrificio Anchor, lanciata nel 1975.

Il resto è storia. Le American IPA si diffusero velocemente, perché con il loro sapore deciso e incisivo erano in grado di incarnare il messaggio rivoluzionario della birra craft americana e di soddisfare il gusto dei consumatori locali, in cerca di “esperienze” forti. Le American IPA diventarono un fenomeno internazionale e furono riprodotte dai birrifici di tutto il mondo. Un fenomeno che non solo ha dato vita a tanti sottostili (Double IPA, West Coast IPA, New England IPA, ecc.), ma che è ancora sulla cresta dell’onda dopo anni di successi straordinari.

Proprio da qui nascono le numerose reinterpretazioni delle India Pale Ale, come la birra IPA artigianale di Baladin: L'IPPA. Una birra appagante e piacevole ad ogni sorso, che unisce la tradizione delle classiche IPA inglesi al gusto tipicamente italiano del Birrificio Baladin.

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