Come si fa il gin? Ingredienti e ricetta del celebre distillato

Pochi distillati hanno un'anima così complessa e una storia tanto avventurosa come il gin. Nato nel Seicento in Olanda come rimedio erboristico a base di ginepro, il "jenever" attraversò la Manica per esplodere in popolarità nella Londra del Settecento, diventando un fenomeno sociale. Da allora, il suo viaggio non si è mai fermato. Oggi, dietro l'etichetta di una bottiglia o la preparazione di un cocktail, si nasconde un universo di tecnica, tradizione e innovazione botanica.

Capire come si fa il gin è la chiave per apprezzarne davvero la qualità e la complessità. 
Questo non è un semplice alcolico, ma una tela bianca su cui ogni mastro distillatore dipinge la propria visione, usando un'ampia palette di spezie e processi produttivi tutti da conoscere.

 

Vuoi assaggiare il gin e le toniche Baladin ad un prezzo speciale?

 

Gli ingredienti principali del gin: botaniche e spezie 

Alla base di ogni gin, per legge, c'è un ingrediente insostituibile: le bacche di ginepro. Sono loro a conferire il profumo e il sapore resinoso che definisce il distillato. 
L'Italia, con i suoi paesaggi appenninici, è uno dei luoghi d'elezione per il ginepro di alta qualità, un legame territoriale che affonda le radici nella storia. 

Ma la vera anima di un gin, la sua firma unica, risiede nella "ricetta", ovvero nella selezione e nel bilanciamento delle altre botaniche. Questi ingredienti vengono suddivisi in famiglie per creare un profilo aromatico armonico: 

  • Spezie: il ruolo da protagonista, dopo il ginepro, è spesso affidato ai semi di coriandolo, che forniscono una nota calda e agrumata. La radice di angelica è l'ingrediente "strutturale": agisce da legante, amalgama gli altri aromi e conferisce al gin una spina dorsale secca e terrosa. Altre spezie come la corteccia di cassia o il cardamomo aggiungono calore e complessità. Il pepe offre freschezza e note piccanti. 
  • Agrumi: fondamentali per la freschezza e la vivacità del distillato. Scorze di limone, arancia amara, arancia dolce o pompelmo vengono usate per sollevare le note più pesanti del ginepro e delle radici, apportando profumi intensi e un tocco amaro che pulisce il palato. 
  • Radici e cortecce: la radice di giaggiolo (o ireos) è un ingrediente prezioso, ricercato non solo per le sue delicate note floreali che ricordano la viola, ma anche per la sua capacità di "fissare" gli altri aromi, rendendoli più persistenti. La radice di liquirizia, invece, conferisce una sensazione di dolcezza e una texture morbida al palato, senza aggiungere zuccheri. 
  • Fiori ed erbe: è qui che la creatività del distillatore trova la sua massima espressione. La lavanda può donare sentori provenzali, la camomilla una nota morbida e rilassante, i fiori di sambuco un profumo dolce e primaverile. Rosmarino, basilico e decine di altre erbe possono essere usate per creare gin dal carattere unico e indimenticabile. 

 

Le diverse tipologie di gin: un confronto tra stili e sapori

Non tutti i gin sono uguali. Il loro carattere viene definito da tre metodi produttivi principali, vere e proprie filosofie distinte che portano a risultati molto differenti nel bicchiere: 

  • Compound Gin: è il metodo più diretto. Si ottiene aromatizzando un alcol neutro di origine agricola con essenze o tramite infusione a freddo delle botaniche, ma senza una seconda distillazione. Questo stile è legato all'immaginario del Proibizionismo americano e del "bathtub gin", quando la produzione casalinga e clandestina era l'unica via. Oggi, questa tecnica è usata da molti produttori artigianali per creare gin dai sapori intensi e particolari. 
  • Distilled Gin: Qui la tecnica si raffina. L'alcol neutro viene ri-distillato in alambicco insieme alle bacche di ginepro e alle altre botaniche. Questo processo fonde gli aromi in modo più armonico e complesso. Dopo la distillazione, al produttore è consentito aggiungere altri aromi e una piccola quantità di dolcificanti per perfezionare il prodotto finale, offrendo un buon equilibrio tra rigore e libertà creativa. 
  • London Dry Gin: rappresenta lo stile più rigoroso e definito. Attenzione: "London" non indica l'origine geografica, ma un disciplinare di produzione che può essere seguito in qualsiasi parte del mondo. È un gin distillato con regole ferree: tutte le botaniche devono essere naturali e aggiunte prima dell'unica distillazione consentita. Dopo di essa, non è possibile aggiungere alcun elemento aromatico. L'unico additivo permesso è l'acqua, per portare il gin alla gradazione desiderata. Il risultato è un distillato secco ("dry"), puro e dal sapore netto, incentrato sulla qualità delle botaniche di partenza. 

 

Stili storici e gin liquorosi: Old Tom e Sloe Gin 

Oltre ai tre grandi metodi produttivi, esistono stili storici e varianti che meritano una menzione speciale per la loro unicità. 

  • Old Tom Gin: questo è lo stile che fa da ponte tra l'antico Jenever olandese e il moderno London Dry. Popolarissimo nell'Inghilterra del XVIII e XIX secolo, l'Old Tom è un gin caratterizzato da una nota leggermente più dolce, tradizionalmente ottenuta con l'aggiunta di zucchero o botaniche dolci come la liquirizia. In origine, questa dolcezza serviva a mascherare il sapore di distillati non sempre perfetti; oggi è una scelta stilistica che conferisce al gin un palato più morbido e rotondo. È l'ingrediente originale di cocktail classici come il Tom Collins. 
  • Sloe Gin: a dispetto del nome, non è tecnicamente un gin, ma un liquore a base di gin. Si produce facendo macerare le prugnole selvatiche (in inglese "sloe berries", i frutti del prugnolo) in un gin già distillato, con l'aggiunta di zucchero. Il processo dura diversi mesi, durante i quali le prugnole rilasciano il loro colore rosso rubino e il loro sapore intenso. Il risultato è un liquore dal grado alcolico inferiore a quello del gin (solitamente tra il 25% e il 30%), con un gusto unico, in equilibrio tra il dolce del frutto maturo e l'aspro della bacca selvatica. 

 

Come si fa il gin: il processo di distillazione 

Il cuore del processo che trasforma alcol e spezie in gin è l'alambicco, tradizionalmente in rame. Il rame svolge un ruolo attivo, eliminando composti solforosi e garantendo un distillato più pulito e morbido. 

I metodi per estrarre gli aromi dalle botaniche sono principalmente due: 

  • Macerazione (Steeping): le botaniche vengono immerse direttamente nell'alcol neutro all'interno dell'alambicco e lasciate in infusione per un periodo che va da poche ore a più giorni. Successivamente, la miscela viene scaldata e distillata. Questo metodo estrae sapori intensi e complessi. 
  • Infusione a vapore (Vapour Infusion): le botaniche non entrano in contatto diretto con il liquido. Vengono invece posizionate in un cestello perforato (noto come "botanical basket") sopra l'alcol. Durante la distillazione, i vapori alcolici attraversano il cestello, catturando gli oli essenziali e gli aromi in modo più delicato e gentile. Il risultato è un gin dai sentori più leggeri e floreali. 

 

Il gin Baladin: un esempio di qualità italiana  

In questo scenario di regole precise e tecniche secolari, l'estro artigianale trova il suo spazio per creare prodotti unici. Un esempio emblematico è il Gin Baladin, frutto dell'incontro tra la visione di Teo Musso e l'esperienza del mastro distillatore Carlo Quaglia, un nome che è garanzia di assoluta qualità nel mondo della distillazione artigianale italiana. 

L'obiettivo di Teo Musso era chiaro: creare un gin che fosse immediatamente riconoscibile come "Baladin", applicando la stessa cura per la materia prima e la filiera che caratterizza le sue birre. 

La base alcolica del distillato sono i cereali. 

La ricetta è un omaggio all'Italia e ai suoi profumi. Oltre all'immancabile ginepro di origine toscana (delicatamente affumicato con legno di faggio prima dell’uso),  emergono note distintive di fiore di sambuco, salvia sclarea e di rosa dascenaIl risultato è un gin dal carattere intenso, con note balsamiche di ginepro che si fondono a un'elegante traccia floreale. 

Un gin pensato non solo per una miscelazione di alta gamma, ma per essere apprezzato anche in purezza, per coglierne ogni singola sfumatura. 

 

Come riconoscere un buon gin: suggerimenti per appassionati

Conoscere il processo produttivo aiuta a diventare consumatori più consapevoli. Ecco alcuni consigli per riconoscere un gin di qualità al momento dell'assaggio: 

  • L'esame visivo: Un gin distillato deve essere perfettamente limpido e trasparente. 
  • L'olfatto: Avvicinando il bicchiere al naso, l'alcol non deve essere aggressivo o pungente. Un buon gin rivela un bouquet complesso, dove il ginepro è ben presente ma dialoga elegantemente con le note agrumate, speziate e floreali delle altre botaniche. 
  • Il palato: Assaggiato puro, deve risultare morbido e avvolgente, non bruciante. L'equilibrio è la parola chiave: nessun sapore deve sovrastare gli altri. La persistenza è un altro segno di qualità: un grande gin lascia un finale lungo e piacevole, in cui gli aromi evolvono e si trasformano. 

Il viaggio alla scoperta di come viene fatto il gin ci rivela che dietro ogni bottiglia c'è molto più di una semplice ricetta. 
C'è una scelta precisa di stile, un metodo di distillazione meticoloso e una selezione di ingredienti che parla del suo creatore. 

Conoscere la differenza tra un London Dry e un Compound Gin, o tra macerazione e infusione a vapore, arricchisce l'esperienza, trasformando ogni sorso in una degustazione consapevole. 

L'invito è a esplorare, a essere curiosi e a lasciarsi guidare dal proprio gusto, magari partendo proprio da quelle espressioni artigianali, come il Gin Baladin, che racchiudono in un bicchiere una storia di passione e qualità tutta italiana. 

 

cta gin e toniche