Negli ultimi anni la coltivazione del luppolo in Italia ha vissuto una fase di forte espansione, parallelamente alla crescita del settore della birra artigianale.
Considerato per lungo tempo un ingrediente esclusivamente importato, il luppolo è oggi sempre più spesso coltivato sul territorio nazionale da aziende agricole, birrifici indipendenti e consorzi nati con l’obiettivo di sviluppare una filiera 100% italiana.
Questo crescente interesse ha riportato l’attenzione su una coltura affascinante e complessa, ancora poco conosciuta dal grande pubblico. Ma dove si coltiva il luppolo in Italia? Scopriamolo insieme, addentrandoci in un viaggio nel ciclo vitale della pianta, con un esempio concreto e importante: quello del progetto del birrificio Baladin.
Nonostante il luppolo sia una pianta che cresce spontaneamente in Italia in forma selvatica, la sua coltivazione è rimasta pressoché inesistente fino al 2009 quando è stata impiantata una coltivazione sperimentale, promossa dal birrificio piemontese Baladin, in collaborazione con l’Istituto di Agraria di Cussanio e l’azienda Tecnogranda.
Secondo i dati del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) nel 2023 sono stati destinati alla coltivazione della pianta 89,1 ettari, con un leggero calo rispetto all’anno precedente.
Sempre nel 2023, le aziende agricole che coltivavano luppolo in Italia erano 189. Nonostante un trend storico in netta crescita, oggi la coltivazione è ancora limitata e i quantitativi ottenuti non sono in grado di soddisfare il fabbisogno della filiera.
Sempre secondo i dati del CREA, gli areali coltivati a luppolo si concentrano soprattutto nel Nord Italia. Non solo per motivi di clima, ma anche per una maggiore diffusione dell’imprenditorialità e per una storica vicinanza alla produzione brassicola. Ma dove si coltiva il luppolo nello specifico? Soprattutto in Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, che insieme rappresentano l’84% della superficie italiana coltivata a luppolo.
Va registrata però anche una discreta propensione delle aziende del Centro Italia, in particolar modo in Toscana, Lazio e Umbria.
Il momento ideale per la piantumazione è tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, a seconda delle condizioni climatiche del territorio.
In genere, le piante vengono messe a dimora tra marzo e aprile, quando il rischio di gelate è ormai passato. Il luppolo preferisce un terreno profondo, ben drenato e ricco di sostanza organica, con un’esposizione soleggiata.
Le piante si sviluppano dai rizomi, che vanno prelevati da piante adulte e messi a dimora immediatamente. I rizomi, lunghi circa 10 cm, vanno posizionati con i germogli rivolti verso l'alto e le radici verso il basso, creando una piccola collinetta di circa 30 cm per favorire il drenaggio. La scelta del sito e la preparazione del terreno sono fasi importantissime per determinare uno sviluppo sano della pianta.
Il luppolo è una pianta rampicante, che può raggiungere altezze non indifferenti in tempi relativamente brevi. Ma quanto ci mette a crescere il luppolo di preciso? Dopo la piantumazione primaverile, la pianta entra in una fase di sviluppo vegetativo che culmina con la formazione delle infiorescenze femminili, chiamate coni: la parte della pianta che sarà utilizzata per la produzione brassicola.
La raccolta del luppolo in Italia avviene generalmente tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, a seconda della varietà coltivata e delle condizioni climatiche. I coni devono essere raccolti quando sono maturi, cioè quando risultano profumati, ben sviluppati e ricchi di luppolina, la sostanza giallastra che contiene i composti aromatici e amari essenziali alla birra.
Dopo la raccolta, i coni possono essere utilizzati freschi oppure essiccati e trasformati in pellet.
Il luppolo (Humulus lupulus) è una pianta erbacea perenne e dioica, il che significa che esistono piante maschili e femminili.
Appartiene alla famiglia delle Cannabaceae, la stessa della canapa, ed è rampicante, con fusti lunghi e flessibili che possono superare i sei metri di altezza.
Le coltivazioni di luppolo si distinguono infatti per alti supporti verticali, che sono indispensabili affinché la pianta possa crescere correttamente. Relativamente alle sue origini, si ipotizza che provenga dall’Asia (Mongolia e Cina), sebbene poi si sia diffusa ampiamente anche in Europa e Nord America.
Oggi il luppolo viene coltivato in tutto il mondo, dalle regioni più fredde a quelle temperate, compresa l’Italia, dove la pianta è stata riscoperta in tempi recenti grazie al successo della birra artigianale.
I fiori del luppolo, noti anche come coni, sono le infiorescenze femminili della pianta e rappresentano la parte più preziosa per la produzione di birra. Ricoperti di una resina giallastra chiamata luppolina, i coni contengono alfa e beta-acidi, oli essenziali e polifenoli, responsabili dell’amaro, del profilo aromatico e delle proprietà conservanti del luppolo.
A seconda della varietà, i coni possono apportare note agrumate, resinose, speziate, floreali, erbacee, tropicali o terrose. Dopo la raccolta, i fiori del luppolo possono essere utilizzati in forma fresca (wet hopping), essiccati oppure trasformati in pellet.
In base alle loro caratteristiche le diverse varietà di luppolo si dividono in due categorie, in base alla loro funzione: esistono varietà più indicate per aggiungere amaro alla birra, altre per conferire aromi particolari. I luppoli quindi si definiscono rispettivamente “da aroma” o “da amaro”, o ancora “dual use” se risultano particolarmente efficaci nel perseguire entrambi gli scopi.
Ma quante varietà di luppolo esistono al mondo? Quelle riconosciute in maniera ufficiale sono stimate tra le 100 e le 200.
Solitamente vengono raggruppate in grandi famiglie, in base alla zona di origine: esistono varietà tradizionali europee, come Saaz, East Kent Golding, Hallertau e Fuggle; cultivar americane con i loro aromi agrumati e resinosi, come Cascade, Citra, Simcoe e Mosaic; tipologie dell’area del Pacifico, con le loro note di frutta tropicale, come Nelson Sauvin, Galaxy e Motueka.
La coltivazione del luppolo è un’attività delicata e complessa, che possiamo riassumere nei seguenti passaggi:
Il birrificio Baladin ha scelto di sposare una filosofia produttiva artigianale fondata sulla qualità, la tracciabilità e l’indipendenza agricola. Direttamente o in collaborazione, coltiva diverse varietà di luppolo in Piemonte, nei campi della provincia di Cuneo.
Questa scelta ha consentito di produrre la prima birra 100% italiana, Nazionale e di estendere a diverse referenze l’esclusività di utilizzo di materie prime provenienti dal territorio italiano. Questo approccio coniuga creatività brassicola e responsabilità, nel segno dell’autenticità e della sostenibilità e per promuovere una filiera agricola italiana per la produzione di birra artigianale.
La coltivazione del luppolo in Italia sta crescendo, trainata dalla birra artigianale e dal legame con il territorio. Dalla semina alla raccolta, è un processo affascinante che coinvolge sempre più produttori. Provare birre con luppolo locale, come quelle di Baladin, significa sostenere qualità, biodiversità e una filiera orgogliosamente italiana!