Dall'oriente alle Langhe: è nata Xyauyù Kioke

Ogni birra artigianale ha una storia da raccontare, alcune ne hanno una più intrigante, come le Xyauyù di Baladin. La Xyauyù Kioke va oltre e racconta una novella che arriva dall’Estremo Oriente e approda nelle Langhe, un incrocio tra culture lontane e diverse con in comune passione, lavoro artigianale, rispetto per le tradizioni, ma anche lungimiranza e speranza per il futuro.

Le origini

Kioke è una botte di origine giapponese, alta 1,8 metri e con capienza di 3.000 litri, dove solitamente fermenta la soia. Non presenta la chiusura, è costruita con legno di cipresso ed è tenuta insieme da fasce di bambù intrecciato.

Produrre la salsa di soia artigianale è un’arte che si sta perdendo in Giappone: oggi il 99% del prodotto è fermentato in tini di acciaio. Yasuo Yamamoto sta contribuendo a recuperare questa tradizione, aggiungendo alla produzione anche il lavoro di bottaio, con la speranza che altri suoi colleghi lo imitino.

Una botte Kioke, nuova e mai utilizzata in precedenza per la fermentazione, è giunta in Italia in occasione dell’Expo a Milano nel 2015. Al momento di rimpatriarla, è stato chiesto a Teo Musso di valutarne l’uso per affinare una delle sue birre. Ascoltata la storia, la decisione è stata facilmente presa.

Le Xyauyù sono un piccolo capolavoro - per le dimensioni della bottiglia e per i quantitativi prodotti - del metodo Solera applicato in campo birrario. Dopo un’ossidazione estrema e una lunga maturazione per un anno e mezzo, possono essere imbottigliate o ulteriormente affinate in botti di Rum Caroni o di Whisky scozzesi torbati. Una versione della Xyauyù prevede, invece, l’aggiunta di tabacco Kentucky. Una birra tanto folle quanto intrigante e appagante.

La nuova arrivata

Xyauyù Kioke nasce a Piozzo ed è il punto di incontro tra Estremo Oriente e Occidente. Il legno delle botti dove maturano alcune Xyauyù rilascia solo profumi e aromi, ma i sapori primari (dolce, salato, amaro…) restano quelli, cambiano solo la percezione e il retrogusto. Per esempio, nella Barrel si percepisce il finale rotondo e liquoroso del rum; nella Fumè le note affumicate di torba, terrose e di carattere sono ben presenti nel finale e danzano con la Xyauyù stessa.

La Kioke invece è diversa. Innanzitutto per i suoi profumi, che riportano un non so che di Orientale, con resine e altre note di legno cui non siamo abituati (da noi si utilizza per lo più la quercia). Ma soprattutto cambia - ed ecco la sorpresa - nel passaggio al palato, dove si fanno strada un certo sapore acidulo e una discreta astringenza sul finale che da un lato ne scopre ancora di più l’avvolgente calore alcolico e dall’altro ne accelera la scomparsa. È sorprendente come l’anima Orientale si faccia strada fino al bicchiere.

È affascinante anche perché va oltre al concetto di birra, è un anello di congiunzione tra Giappone e Italia, tra diverse tradizioni, la brassicola e la salsa di soia tradizionale: ad ogni sorso si ha l’impressione di contribuire a riportare in auge l’uso delle botte Kioke, di tenerla viva e di supportare Yasuo Yamamoto nel suo progetto.

Xyauyù Kioke è intrigante già oggi, ma darà grandi soddisfazioni anche dopo una lunga, lunghissima maturazione in bottiglia.