Vermouth, tra storia, innovazione e... birra!

Il nome profuma d'antico, di qualcosa che arriva da lontano: Vermouth. In effetti il prodotto, vino fortificato e aromatizzato con un'infusione alcolica di erbe e droghe, ha antenati che si perdono nella notte dei tempi.

Basta ricordare i vini conciati, ossia addizionati di erbe, frutta e spezie, che consumavano già greci e romani: i famosi vini ippocratici, dal nome del medico greco Ippocrate. Perlopiù erano vini medicamentosi, in cui l'alcol contenuto nel vino serviva come solvente per erbe e preparazioni medicinali. Nel Medioevo, Arnaldo da Villanova fortifica per la prima volta il Moscato, probabilmente per motivi liturgici, per allungare la vita del vino da messa. E così le basi ci sono tutte: un vino addizionato di alcol, e un insieme di erbe e spezie per aromatizzarlo. Ma per arrivare alla sua nascita bisogna aspettare ancora parecchi anni.


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Tra XVIII e XIX secolo

A B. Carpano. Nel 1786 in questa casa creò il suo Vermouth primo di un'industria tipica e tradizionale che molto contribuì alla fama e al prestigio di Torino nel mondo”. All'angolo tra via Viotti e piazza Castello, nel centro di Torino, si possono leggere queste parole, su una lapide dedicata a colui che ne fu l'inventore: Benedetto Carpano. Il prodotto nasce alla fine del XVIII secolo, quando nella capitale sabauda si verificarono una serie di situazioni favorevoli: la prima fu la disponibilità delle spezie, in parte raccolte in Piemonte, le più esotiche provenienti dal vicino porto di Genova, necessarie alla sua produzione. Poi la presenza di uva moscato, vitigno autoctono fortemente zuccherino e aromatico, vera chiave di volta del prodotto. Infine, l'ingegno di Antonio Benedetto Carpano, che nel 1786 era un garzone di bottega poco più che ventenne nella liquoreria rivendita vino Marendazzo in piazza Castello, allora piazza delle Fiere.

Il successo fu immediato, tanto che il locale venne convertito in un bar aperto 24 ore su 24, per soddisfare le richieste dei clienti. Fino al 1912 in commercio si trovava una sola varietà, di un bel colore ambrato, finché in quell'anno Gancia elaborò la versione bianca, più floreale per la presenza di petali di rosa e fiori di sambuco. Quella ambrata, per differenziarsi maggiormente, assunse negli anni successivi note più amare e complesse, grazie all'ampio uso di spezie, legni e cortecce: nacque così il Vermouth rosso. E che dire della versione dry, resa celebre dal Martini Cocktail? Bisogna andare in Francia, in Occitania, a Marsellain, dove nel 1813 Joseph Noilly, noto erborista e farmacista del paese, mise a punto il Noilly Prat, bianco e asciutto.


Vermut, Vermouth, Vermuth, Vermutte: l'origine del nome

Il nome di questo prodotto deriva dal tedesco wermut, ossia artemisia o assenzio, l’erba che lo caratterizza. Inoltre, pare che il nome sia stato dato dallo stesso Carpano, come omaggio alla sua passione per Goethe, ma c’è probabilmente una ragione più sottile, legata a Casa Savoia, che si affannava a dimostrare una discendenza dal Re Ottone II di Sassonia: poter dare un nome teutonico a un prodotto simbolo del Piemonte significava dunque sancire ulteriormente il legame con la Germania. Sulla grafia viene invece in aiuto la “Monografia sul Vermouth di Torino”, scritta da Arnaldo Strucchi nel 1907, che fu il primo a codificare sistematicamente questo prodotto. Da allora, la sua grafia è quella più utilizzata.

 

Cosa succede oggi?

Questo prodotto sta vivendo una seconda vita e nuovi spazi di consumo, tanto in purezza quanto come ingrediente in miscelazione. Il merito va alla sua assoluta contemporaneità: è aromatico e complesso, ma sempre piacevole. È alcolico, ma non troppo, rientrando così perfettamente nella tendenza miscelata dei low alcol, ossia cocktail a bassa gradazione alcolica. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una moltiplicazione delle etichette in commercio: alle grandi case piemontesi che ne hanno fatto la storia si sono infatti affiancate piccole realtà che hanno dato vita a prodotti sempre più originali e peculiari. Nel 2017, dopo un lungo iter, è nato l'Istituto del Vermouth di Torino, per valorizzare, promuovere ed elevare la qualità di questo prodotto simbolo nel mondo del gusto italiano.

 

La novità del… Beermouth

Al mondo del Vermouth, ma con uno sguardo del tutto originale, si ispira Beermouth, il prodotto che ancora non c'era sul mercato e che è stato creato nel 2018 da Baladin. Una nuova categoria merceologica che nasce dall'unione di una birra di grande personalità e struttura come la Xyauyù - la “birra da divano” per antonomasia - con una miscela di 13 botaniche tradizionalmente legate al vino fortificato piemontese, lavorate con tecniche di estrazione innovative (ultrasuoni e distillazione sottovuoto a bassa temperatura) per preservare la fragranza degli aromi. Beermouth si caratterizza per un colore ambrato, note speziate e moderatamente balsamiche, gusto elegante e equilibrato con un punto agrumato e un finale persistente e piacevolmente acido. Ottimo bevuto liscio come aperitivo o a fine pasto e per la miscelazione, è un incontro di passioni che ha posto le basi per un nuovo modo di intendere la birra e di concepire bevande d’eccellenza nel campo della miscelazione.


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