Malto per birra artigianale: le tipologie usate nella produzione

Il malto è uno degli ingredienti base della birra e, in particolare, è il secondo per quantità dopo l’acqua. Ciononostante, in pochi sanno effettivamente cosa indichi di preciso, cadendo spesso in incomprensioni ed errori grossolani. 

 

In breve, con il termine malto si intende qualsiasi cereale che abbia subito un processo di maltazione: quando si parla di birra in generale il riferimento è al malto d’orzo, ma possiamo tranquillamente avere anche malto di frumento, di segale, di avena e via dicendo.

Semplificando, il processo di maltazione permette, attraverso alcune trasformazioni chimiche indotte nei chicchi, di predisporre il cereale alla massima efficienza in termini di produzione brassicola. Si stima che forme arcaiche di maltazione fossero diffuse anche alle origini della bevanda: quindi da sempre l’uomo utilizza cereali modificati per la produzione di birra.

 

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La maltazione: come si fa il malto per la birra

Il processo di maltazione dell'orzo, ovvero di preparazione del malto per la birra, avviene attraverso i seguenti passaggi:

  1. Immersione dei chicchi in acqua e attesa del loro assorbimento per la metà del peso o della comparsa delle radichette;
  2. Spostamento del cereale nelle camere di germinazione a umidità controllata, dove i chicchi vengono rivoltati di tanto in tanto;
  3. Essiccazione: il cereale viene trasferito in un forno, dove viene privato dell’umidità ed essiccato.

In parole povere, la maltazione prevede la germinazione dei chicchi e l’interruzione di questo processo naturale e delle trasformazioni chimiche che avvengono al loro interno. Nello specifico, la maltazione permette, attraverso il rilascio di specifici enzimi, la riduzione di complessità degli amidi in zuccheri più semplici, che poi saranno metabolizzabili dai lieviti durante la produzione della birra.

In base alla temperatura di essiccazione, alle tecniche adottate in questa fase e ad altri aspetti, è possibile ottenere diversi tipi di malti per birra con caratteristiche peculiari. Una birra può essere realizzata anche con un solo tipo di malto ma, in genere, il birraio prepara un mix a percentuali variabili in base al risultato che vuole ottenere.

Il malto, naturalmente, contribuisce alla resa organolettica della birra. Differenti tipi di malto concorrono alla formazione del profilo aromatico con effetti diversi. In generale, i malti si distinguono in malti base e malti speciali.

 

I malti base: la base del grist

malti base sono chiamati così perché costituiscono la base del grist, cioè la struttura fermentescibile della birra. Hanno un elevato potere diastatico, nel senso che garantiscono un’elevata conversione degli amidi. Per questa ragione possono essere anche utilizzati in maniera esclusiva all’interno di una ricetta. A loro volta si distinguono in:

  • Pilsner – È il malto più chiaro in assoluto, largamente utilizzato in moltissimi stili. La temperatura di essiccazione parte da 35°C e sale gradualmente, con stop di lunghezza variabile, fino a 70-85°C. Ha un sapore delicato di cereale e di miele di acacia;
  • Pale – Prevede temperature di essiccazione più alte del Pilsner, che conferiscono sfumature di crosta di pane e, in alcuni casi, leggermente biscottate (come nella celebre varietà inglese Maris Otter);
  • Vienna – Tipologia messa a punto nel XIX secolo da Anton Dreher, è essiccata a temperature relativamente alte, pur mantenendo un elevato potere diastatico. Il sapore vira sul caramello e a tratti sul tostato;
  • Munich – Rispetto al Vienna ha un gusto più marcatamente caramellato, con note di crosta di pane e di biscotto ma senza tostature. Viene utilizzato da solo o per arricchire il sapore di birre prodotte con malti base più semplici;
  • Smoked – Consiste in una versione affumicata del malto Pilsner, ottenuta durante l’essiccazione con legna di quercia (o di altre varietà arboree) oppure aggiungendo note di fumo al termine della maltazione.

I malti speciali

In aggiunta ai malti base, molto spesso i birrai compongono la struttura fermentescibile ricorrendo ad alcuni malti speciali che servono per dare sfumature organolettiche particolari alle birre o per ottenere determinati stili. I malti per birre speciali si possono dividere in alcune grandi famiglie:

  • Malti caramellati – Sono prodotti senza asciugare il chicco dopo la germinazione e sottoposti ad alte temperature in seguito alla conversione degli amidi in zuccheri. Le principali tipologie che rientrano in questa categoria sono CarapilsCaraviennaCaramonacoCrystal e Special B;
  • Malti non caramellati – Non subiscono un processo di caramellizzazione e mantengono amidi convertibili in zuccheri. Tra i principali malti speciali non caramellati ricordiamo l’Aromatic, il Melanoidin e il Brown;
  • Malti tostati – Sono sottoposti a temperature molto elevate, che possono raggiungere anche i 250°C. Solitamente vengono aggiunti in percentuali molto limitate, riuscendo comunque a determinare il colore della birra e il suo sapore. Le principali tipologie sono il Chocolate, il Black, il Roasted e il Decorticato.

 

Cosa significa doppio malto?

Quando si parla di birra doppio malto non si intende una birra con doppia quantità di malto. Infatti, le birre possono essere classificate in 5 tipologie in base al grado Plato (ovvero il contenuto di zuccheri che le distingue) e “doppio malto” corrisponde ad una di queste:

  • Analcolica: grado alcolico non superiore a 1,2% e grado Plato (contenuto di zuccheri in volume) tra 3 e 8;
  • Light: grado alcolico compreso tra 1,2% e 3,5% e Plato tra 5 e 11;
  • Normale: grado alcolico 4,2% e Plato non inferiore a 11;
  • Speciale: grado alcolico non inferiore a 5% e Plato non inferiore a 13;
  • Doppio malto: grado alcolico superiore a 5,7% e Plato non inferiore a 15.


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