Si assaggia! Degustiamo Beermouth Baladin col bicchiere TeKu Spirits

Articolo a cura di Simonmattia Riva, Biersommelier

 

Di confini non ne ho mai visto uno. Ma ho sentito che esistono nella mente di alcune persone.
(Thor Heyerdahl, esploratore)

Il connubio tra birre e mixology è da sempre tormentato da una lunga serie di ostacoli: la vivace carbonazione della spumosa bevanda esclude infatti alcune pratiche basilari come lo shakeraggio, la prevalenza amara di alcune tipologie le rende difficili da abbinare a liquori o distillati e, infine, non mancano alcuni contrapposti fattori psicologici. Da un lato la birra viene ancora spesso vista nella sua sola declinazione industriale e, quindi, come un prodotto cheap, poco attraente per i protagonisti della miscelazione di qualità e i loro clienti; dall'altro gli appassionati di birra artigianale prediligono gustarla in solitudine e, non di rado, guardano alla scienza dei cocktail come ad una pericolosa fabbrica di intrugli variopinti.

 

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Il Beermouth di Baladin

Trasformare la birra mantenendone l'anima di malto e luppolo ma dandole una veste organolettica decisamente altra è stato l'audace colpo di Teo Musso, mastro birraio di Baladin assieme a Dennis Zoppi, bartender di fama mondiale, e all’esperto di miscelazione Giacomo Donadio: l'ispirazione è in questo caso venuta dalla tradizione torinese del Vermouth, il vino fortificato e aromatizzato con erbe officinali che ha sedotto il mondo a partire dal primo Settecento.

La ricetta si basa sulla Xyauyù, il celebre barley wine di Baladin che già aveva avuto un notevole impatto nell'universo birrario craft, a cui viene aggiunta una miscela, ovviamente segreta, di tredici botaniche estratte a freddo, al fine di mantenerne intatta la fragranza, con tecniche innovative come gli ultrasuoni e la distillazione sottovuoto.

 

Il Teku Spirits per una degustazione perfetta

Per una nuova bevanda, la maison di Piozzo ha anche elaborato un nuovo bicchiere, il Teku Spirits, che riprende la forma allargata alla base e più stretta al vertice dell'omonimo calice da degustazione birraria eliminandone lo stelo e mutando leggermente le proporzioni con un rapporto larghezza/altezza più spinto verso la prima.  

Come per il Teku originale, l'obiettivo della variante spirits, che ricorda i bicchieri signature di alcuni whisky (bevanda a base di malto, non a caso), è far esplodere tutta la potenzialità aromatica del Beermouth nella parte inferiore svasata per poi veicolarla verso l'alto e facilitarne l'olfazione.

Versato dall'elegante bottiglia con tappo in sughero, invade lentamente il Teku Spirits con la sua viscosità opulenta e sinuosa mentre il colore, rame brunito con riflessi aranciati, ricorda la tinta di un sole al tramonto: del resto, grazie al suo elevato residuo zuccherino, il Beermouth, come i suoi avi vinicoli, è una bevanda energetica e corroborante perfetta dopo una lunga giornata di lavoro. Non vi è, ovviamente, formazione di schiuma, già assente nella birra di base e inibita dall'elevato tenore alcolico.

 

Si assaggia!

Il naso è solleticato in prima battuta dalle note botaniche di artemisia, genziana, radice di liquirizia e una punta di rafano fresco, dopo qualche secondo di permanenza nel bicchiere emergono invece gli aromi maltati che ricordano il caramello bruciato, la pasta frolla aderente all'angolo di una teglia e la calotta di un panettone appena sfornato. L'aggiunta di ghiaccio enfatizza la componente officinale più rinfrescante attenuando le note più calde: di nuovo la genziana, il rabarbaro, il tarassaco e una nota di terra bagnata dalla pioggia riprendono così il sopravvento.

In bocca la densità quasi masticabile sorregge una robusta ma suadente dolcezza iniziale colorata di pasta brisée ben cotta, miele di tiglio e caramello salato: proprio l'evidente nota sapida e umami marca la distanza dai Vermouth vinicoli e infrange l'iniziale trama zuccherina aprendo le porte ad un amaro avvolgente e che sale gradualmente d'intensità venandosi di genziana, artemisia e achillea mentre nel retrolfatto c'è un ritorno della componente caramellata e mielata.

Se si aggiunge ghiaccio, oltre a snellire, com'è ovvio, il corpo, emerge una lieve acidità agrumata e si taglia la dolcezza esaltando invece le componenti amaricanti: di nuovo artemisia, genziana e rabarbaro sono protagonisti, con lontani echi di piccoli e morbidi aghi di rosmarino neonati e di ginepro appena colto.

Una bevanda importante quanto versatile: gustata in purezza a temperatura ambiente o appena fresca può essere un digestivo a fine pasto o accompagnare un dessert strutturato, con ghiaccio e selz se ne enfatizza invece la vena amarotica e aperitiva e nella mixology può essere protagonista dei classici Negroni, Milano-Torino e Americano.

 

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