Beermouth: l’innovazione ispirata alla tradizione

OMNIA TEMPUS HABENT

Le origini del Vermouth (e l'idea di sperimentare con la birra)

Basta una semplice parola per riportare alla mente colori, profumi ma soprattutto sapori che sono, nel tempo, diventati inimitabili (oltre che vero e proprio vessillo della produzione italiana). Parliamo del Vermouth, leccornia vitivinicola che deve le sue origini al Piemonte: qui, a partire dal XVIII secolo, la produzione di vini base, quali il Moscato di Canelli o i vini bianchi di altre zone del Piemonte prodotti nell'area alessandrina di Gavi e del Tortonese, si è unita con un folto gruppo di erbe aromatiche di antica raccolta e coltivazione locale: artemisia, achillea, camomilla, issopo, santoreggia, maggiorana, salvia, sclarea, sambuco, timo, ma anche spezie quali cannella, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, noce moscata, vaniglia, zafferano e molte altre ancora. Una tradizione che viene da lontano e che deve la sua origine ai vini medicamentosi già consumati dagli antichi, in cui l'alcol contenuto nel vino serviva come solvente per erbe e preparazioni medicinali.

E così, tra il 1700 e il 1800, in Piemonte (e soprattutto a Torino), la preparazione di questo vino aromatizzato diventa una vera e propria arte, con famiglie di vermuttieri che producono e commerciano questo inimitabile prodotto in tutta Europa, rendendolo famoso anche al di fuori dei confini nazionali. Da quel momento, la sperimentazione non si è mai fermata e, anzi, specie in tempi più recenti, ha portato sempre più specialisti del settore a pensare a varianti sul tema, inserendo nella preparazione del prodotto ingredienti tra i più disparati: dalle più “semplici” variazioni a base di erbe aromatiche alla decisione di guardare con attenzione alla tradizione per (ri)partire da una nuova base, come la birra, dando così origine ad un prodotto che trae spunto dal passato ma che giunge a nuove (e inaspettate) soluzioni.

Gli ingredienti del Vermouth: fiori, frutti, radici e vino. E la birra?

La ricetta del Vermouth comunemente conosciuto, è da molti attribuita all’ingegno di Antonio Benedetto Carpano, garzone di una liquoreria e rivendita di vino. Prevede l’utilizzo di vino fortificato e una complessa miscela di erbe e spezie tra cui è d’obbligo l’uso dell’artemisia.

Nel 2017 è stato pubblicato il Disciplinare di produzione dell'indicazione geografica «Vermut di Torino»/«Vermouth di Torino». Norma con puntualità le caratteristiche del prodotto, indicando gli ingredienti essenziali e la loro origine e, tra le altre cose, dice che: “la combinazione degli ingredienti e la tecnica di produzione sono state nel tempo tramandate da una generazione all'altra, con gusti e valenze peculiari che si ritrovano nelle ricette che ogni azienda conserva gelosamente. Si è assistito all'evoluzione delle tecniche di lavorazione, le nuove hanno affiancato le più antiche e la loro coesistenza continua ancora oggi a preservare e a valorizzare la tradizionale produzione”. Fino a una vera e propria rivoluzione che, specie negli ultimi anni, ha portato alcuni tra i più fantasiosi produttori a ripensare, in un’ottica del tutto contemporanea e certo fuori dal seminato tradizionale del Vermouth, questo mondo fatto di ingredienti e profumi d’un tempo. 

È da tali e continue sperimentazioni che ha avuto origine l’intuizione di ispirarsi a questa antica tradizione, facendo approdare il prodotto al mondo della fermentazione di mosto a base di malto d'orzo, acqua, luppolo e lievito. O, per dirla con una sola parola, alla birra. Quello che ne è nato, non è un Vermouth ma un prodotto innovativo e di certo “diverso” rispetto al vino aromatizzato cui abbiamo parlato finora, che però guarda con attenzione al passato per proporre gusti nuovi e assolutamente inediti. 

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Vermouth e Beermouth nell'arte della mixology

Va da sé che un prodotto così versatile qual è il Vermouth, in grado di approdare a sempre più nuove e “spinte” sperimentazioni fino alla nuova bevanda a cui si ispira che oggi conosciamo con il nome di Beermouth, non poteva che attirare l'attenzione del mondo della mixology: un ecosistema di professionisti non solo nella preparazione di cocktail, ma anche nello studio di distillati e alcolici per creare drink innovativi con tecniche sempre più raffinate, che ha fatto della sperimentazione “alchemica” il proprio cavallo di battaglia. E che propone ai bevitori di oggi e di domani abbinamenti beverage tra i più arditi e, al tempo stesso, gustosi.

Qualche esempio? Partiamo proprio dal Vermouth. Nelle parole di Dennis Zoppi, tra i più famosi artisti della mixology italiani al mondo, la rinascita di questo prodotto dal sapore antico nelle ricette dei più contemporanei attori della miscelazione ha infatti un senso molto preciso: il suo essere low alcol. E così sono nati diversi cocktail a base del distillato piemontese: i più tradizionali, oltre che i più noti, sono il Negroni (con la sua versione “sbagliata”) e il Manhattan, entrambi a base di Vermouth rosso. Da qui, poi, ci si è spostati verso cocktail più innovativi, pur nella loro semplicità, come il Vermouth bianco con la tonica, molto piacevole e contemporaneo specie se affiancato da fetta di arancia: “Perché – si è chiesto Dennis – non costruire un cocktail su una base più aromatica e meno alcolica? Il Vermouth con la sua aromaticità e il ridotto apporto alcolico è dunque una base perfetta”.

E se di fantasia vogliamo lavorare, perché non usare un po’ di Beermouth e dare quel quid che nessuno si aspetta al proprio cocktail? Sempre di Dennis Zoppi, uno dei papà di Beermouth, sono il Beermouth and Tonic (con guarnizione di pompelmo), il Popolare, dove al Beermouth si aggiungono Bitter Campari e birra Pop Baladin e l’idea di rivisitare grandi classici come lo Spritz o il già citato Manhattan, sostituendo gli ingredienti più aromatici proprio con Beermouth.

Beermouth & Tonic: una ricetta semplice che ti farà innamorare

Ghiaccio Q.B. - 1/3 di Beermouth - 2/3 di Tonica al Fieno Baladin

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Le ricette con Beermouth dei finalisti di Baritalia 2019

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I piatti da gustare con un bicchiere di Vermouth e di Beermouth

Non solo cocktail. Vermouth e Beermouth, grazie alle loro peculiarità gustative, dove la base addizionata alle erbe si presta a molteplici abbinamenti con svariate pietanze, sono infatti perfetti per accompagnare anche un intero menù, sia esso pensato per gli amanti della carne o per i vegetariani. Qualche esempio? Si va dal classico abbinamento da pub, con hamburger, patatine e salse, fino ai crudi di mare (meglio se col Vermouth bianco); dai latticini (perfetti quelli dal gusto pungente, come i formaggi di capra o erborinati), fino al fine pasto, specie se quest’ultimo è a base di frutta candita (pensiamo dunque alle scorzette di arancia immerse nel cioccolato o a lievitati quali colomba e panettone, a seconda della stagione).

E che dire del Beermouth? Esso è il grande protagonista di uno dei momenti preferiti degli italiani: l’aperitivo. Dai classici composti da frutta secca e oliva, fino alle portate più sperimentali, non c’è nessun elemento di questo vero e proprio rito che sappia resistere al fascino del Beermouth. A confermarlo è, di nuovo, il già citato Dennis Zoppi: “Nei nostri abbinamenti - prosegue Dennis - abbiamo trovato la quadra con i pop corn, per esempio aromatizzati con le scaglie di Parmigiano, o la buccia disidratata di un lime, o semplicemente alla paprika. Ma anche con accostamenti più inusuali, come il tartufo”. 

Chi, invece, vuole abbinare Beermouth alle portate più corpose di una cena, può farlo tenendo conto di alcuni accorgimenti: per esempio, per il dolce, si può scegliere di degustarlo in purezza o in abbinamento: nel primo caso, è possibile farlo con un buon dolce da forno o con di frutti tropicali, come mango fresco e cocco, per calmierare le sue note più amare. Nel secondo caso, invece, si può chiudere il pasto con un caffè shakerato e Beermouth”.

I piatti e i drink abbinati della cena del lancio di Beermouth

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Beermouth: reinterpretare la tradizione attraverso la birra

 

13 botaniche, 1 ingrediente innovativo: ecco come nasce Baladin Beermouth

Se finora abbiamo parlato di Vermouth, è di certo arrivato il momento di svelare cos’è Beermouth: si tratta di un prodotto innovativo, 100% made in Baladin, che trae spunto dalla tradizione ma che, grazie all’ingegno dei suoi ideatori (Teo Musso, assieme all’ormai noto Dennis Zoppi e Giacomo Donadio), ha riunito 13 botaniche tradizionali con nientemeno che la birra. Certo, non una birra qualsiasi, ma una tra le più rinomate di casa Baladin: parliamo di Xyauyù. 

“La spinta all'azione – racconta Teo in un’intervista - è venuta da un incontro sconvolgente con Dennis Zoppi, in una serata dove trasformava la nostra birra Baladin Metodo Classico in un beer cocktail”: era il 2016 e, da quella volta, i due (cui si aggiunge Giacomo Donadio, anch’egli presente alla serata in questione), non smetteranno di pensare, affinare e infine produrre qualcosa che non era mai esistito prima e che, oggi, valorizza il territorio piemontese attraverso nuovi metodi di lavorazione. Questi, infatti, si concretizzano in due innovative tecniche di estrazione delle 13 botaniche di cui si compone Baladin Beermouth: ultrasuoni e distillazione sottovuoto a bassa temperatura, due metodi del tutto alternativi nel settore dell'estrazione che preservano la fragranza degli aromi.

Di cosa sa Baladin Beermouth? L’innovazione ispirata alla tradizione del Vermouth

La degustazione di Baladin Beermouth, un prodotto mai visto prima nel mondo delle bevande spiritose , non può che avvenire con uno strumento innovativo e pensato ad hoc per il nuovo prodotto: parliamo di Teku Spirits, che riprende la forma allargata alla base e più stretta al vertice dell'omonimo calice da degustazione birraria, eliminandone però lo stelo e mutando leggermente le proporzioni con un rapporto larghezza/altezza più spinto verso la prima. Il suo obiettivo? Permettere a chiunque lo utilizzi di far esplodere tutta la potenzialità aromatica del Beermouth, per percepirlo con il senso dell’olfatto prima ancora che con quello del gusto. 

Una volta che si inizia a sorseggiare, i primi ad arrivare sono, i gusti delle erbe che hanno reso celebre, in Italia e nel mondo, il tradizionale vino aromatico piemontese, ossia l’artemisia, la genziana, la radice di liquirizia e una punta di rafano fresco. Subito dopo, però, prendono il sopravvento gli aromi maltati, che marcano la distanza dai Vermouth, per concludere con un inevitabile punto di agrumato e un finale persistente e piacevolmente acido.

Rivivere la nascita di Beermouth

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